di Malmadur/ testo di Jacopo Giacomoni

La più grande tragedia dell’umanità, selezionato per la sezione Politica e terreno comune, è un ordigno performativo per permettere al pubblico di eleggere la più grande tragedia dell’umanità.
L’essenza dell’ordigno è questa: il pubblico deve scegliere fra due tragedie; quella che viene votata come più grande rimane in gioco,
l’altra viene scartata. Quella rimasta si confronta con una nuova tragedia; la più grande rimane, l’altra viene scartata. E così via. Si parte dalla perdita di un cellulare, si arriva a un amore tradito a un parente malato a un’epidemia a un genocidio a un paragone tra
una strage vicina e una lontana, tra una recente e una passata, a una tragedia di cui è vittima anche un turista italiano alla vecchiaia all’esplosione del sole alla morte di un uomo solo in un paese di provincia a un cataclisma all’estinzione degli elefanti all’assenza di empatia.

Il progetto ruota intorno a due temi: la spettacolarizzazione del dolore che viviamo quotidianamente su media e social network e la rappresentabilità del tragico: come cambia la mia percezione del dolore a seconda dei mezzi espressivi usati per rappresentarlo?

Malmadur - in residenza

Malmadur nasce nel 2013 con lo spettacolo LEAR/Del conflitto generazionale, vincitore del Premio OFF 2013 del Teatro Stabile del Veneto. Malmadur in friulano, trentino e veneziano antico significa “acerbo, immaturo”,  a sottolineare l’approccio di continua ricerca, risultato della contaminazione tra i diversi campi di formazione dei sette membri della compagnia.  La compagnia crede in un teatro fondato su un lavoro lento, multidisciplinare e collettivo, che cerca il rapporto diretto col pubblico, l’ironia e al contempo la messa in crisi delle certezze dello spettatore. Nel suo percorso artistico la compagnia ha sviluppato drammaturgie fluide e indeterminate, imperniate sulla partecipazione reale del pubblico e sulla decostruzione del rapporto tra attore e testo. Il linguaggio della compagnia guarda al teatro contemporaneo europeo, costruendo dispositivi scenici non convenzionali per ripensare insieme il presente.

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